La psicologia dello sport

La Psicologia dello Sport nasce dall’unione di due discipline: Psicologia e Scienze dello Sport. Se ci si riferisce al contesto italiano, la Psicologia dello Sport ha origine negli anni ’60 quale settore specifico e autonomo all’interno delle scienze delle attività motorie e sportive, e si segnala da subito per un tratto sostanziale: ricalca infatti i metodi della Psicologia generale con cui mantiene saldi collegamenti (Salvini 1983). In Italia la sua diffusione si è avuta grazie all’operato di Ferruccio Antonelli e Alessandro Salvini nel 1965, anno del 1° Congresso Internazionale di Psicologia dello Sport.

Pur essendo una disciplina di recente acquisizione, la Psicologia dello Sport, tramite ricerche e sperimentazioni a cura di diversi studiosi, ha assunto una propria identità e ora fornisce validi contributi nello svolgimento di un’attività sportiva sia nelle fasi di apprendimento sia a livello agonistico e di specializzazione: focalizzandosi in un primo momento su una serie di modalità operative e comportamenti che sono propri del mondo sportivo e attraverso il loro conseguente impatto sulla qualità della prestazione, essa mette in atto strategie d’intervento che mirano in primo luogo al miglioramento del gesto atletico e all’acquisizione di competenze trasversali inerenti allo sviluppo di abilità psicologiche di base. La Psicologia dello Sport è dunque il naturale punto d’incontro tra ricerca scientifica e applicazione pratica. Il suo target è costituito da allenatori, dirigenti sportivi, atleti, arbitri, medici dello sport, psicologi, genitori e da tutti coloro che agiscono a ogni livello in un contesto di attività fisica.

In sintesi, la Psicologia dello Sport, nell’orientare l’individuo a una crescita sana, mira a espanderne i limiti personali per far sì che ogni difficoltà venga superata nella prospettiva di un miglioramento della comunicazione con gli altri e con il proprio corpo in vista del conseguimento di esperienze soddisfacenti (Orlick 1989).
Federazione Italiana Psicologi dello Sport
La metodologia per ambire a questi risultati consta di interventi individuali e di gruppo che possono consistere nella somministrazione di questionari, attività di biofeedback (metodo d’intervento psicofisiologico inquadrabile nell’ambito della psicofisiologia applicata), Mental Training (programma articolato di allenamento psicologico), lavoro sul campo, cooperazione e ascolto, strategie sportive specifiche.

In dettaglio, gli ambiti di ricerca e di operatività della Psicologia dello Sport riguardano:

– la crescita e la formazione dei giovani attraverso lo sport, finalità cui si giunge mediante la prevenzione del disagio e la cura di quell’insieme di fattori che influiscono sulla prestazione e sulla motivazione come le modalità di apprendimento in rapporto allo sviluppo, la gestione dei rapporti familiari e la formazione dei tecnici in riferimento ai carichi di lavoro; altri aspetti condizionanti sono poi la relazione che si dispiega sull’asse giovani-genitori-tecnici-dirigenza, così come la comunicazione, i casi di abbandono (drop-out), le differenze di sesso, i tipi di carico, i tempi e i ritmi di allenamento in funzione della crescita, le infiammazioni per sovrallenamento e il disagio psico-fisico con il conseguente ritiro dall’ambito sportivo per esaurimento, chiamato burn-out;

– le abilità psichiche rilevanti per la prestazione sportiva: la cura di questo aspetto implica una adeguata determinazione degli obiettivi (goal-setting), la regolazione dell’Arousal, intendendosi con questo termine lo stato generale di attivazione e reattività del sistema nervoso in risposta a stimoli interni/soggettivi o esterni/ambientali-sociali, la gestione dello stress, lo sviluppo dell’autoefficacia, l’acquisizione di una routine per la preparazione alla gara, l’autoregolazione e il linguaggio interno, silenzioso e verbale che il soggetto utilizza per comunicare con se stesso, chiamato self-talk;

– l’acquisizione di abilità (skills) specifiche quali le modalità di feedback, la gestione degli eventi, l’apprendimento tecnico, la messa a punto di tecniche pratiche, la scelta dei rinforzi più idonei, la processazione delle informazioni, la capacità di osservazione e di motivazione;

– la formazione necessaria per la motivazione, l’apprendimento motorio e le strategie d’insegnamento, la valutazione, la comunicazione interpersonale, le relazioni, la filosofia di allenamento e le dinamiche di gruppo;

– l’elaborazione delle informazioni attraverso i processi psichici implicati nelle attività quali attenzione, memoria, presa delle decisioni, programmazione del movimento, feedback ecc.;

– le valutazioni psicometriche e i test per la definizione degli stili cognitivi, differenti per l’analisi dei fattori che predispongono e portano al successo, appositamente studiati per i tipi di personalità, la diagnostica, le schede di osservazione e di lavoro per le autovalutazioni;

– il counseling e la clinica, ambiti nei quali rivestono una posizione di rilievo le strategie di adattamento (coping) per far fronte a situazioni di crisi o per reagire a eventuali forme di depressione o attacchi di panico, a momenti traumatici come il fine carriera, infortuni, disabilità, o ancora ansia da prestazione, aggressività, paura del successo (nikefobia), consumo di stupefacenti, doping ecc.;

– il benessere e la salute, stati a cui si perviene mediante programmi ad hoc che fanno leva sullo sport inteso nella sua natura primaria di disciplina aperta a tutti, in particolar modo agli anziani, e tramite progetti per il recupero da patologie invalidanti o per la prevenzione del disagio giovanile e dei disturbi alimentari, da attuare per mezzo dell’insegnamento di esercizi e di attività che migliorino la qualità della vita puntando sulla socializzazione, potente arma per contrastare la solitudine e l’invecchiamento.

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© 2023 FIPsiS – Federazione Italiana Psicologi dello Sport

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